Si dice che le attitudini ad un certo tipo di lettura rispecchino il proprio Io. Dev’essere stato dalla lettura di “Schiava di mio marito”, allora, che ho iniziato la mia personale lotta femminista ed in particolare mi ha avvicinata alla (non) comprensione del mondo islamico con le sue “leggi”. Tehmina Durrani ne è stata la “promotrice” con una delle frasi con cui chiuse il suo primo libro autobiografico ed aprì le porte alla sua nuova vita: “Adesso tocca a Mustafà di essere indicato come l’ ex marito di Tehmina Durrani!”.
Tehmina Durrani non è una donna “conosciutissima” in occidente, ma è una donna che una volta conosciuta la si ammira per il coraggio delle sue azioni. Scrittrice 45enne, figlia di un ex governatore della Banca di Stato del Pakistan e amministratore delegato di Pakistan International Airlines, madre di cinque figli, sposata e divorziata due volte, in un paese la cui religione non ammette che la donna possa decidere di non essere “schiava”, appunto, e dunque messa al bando dalla società pakistana alla quale appartiene poichè ha sconvolto l’Islam con la sua visione rivoluzionaria del ruolo femminile nella società musulmana.
Tehmina cresce nella «società bene» di Latore e frequenta la stessa scuola privata di Benazir Bhutto, di cui presto diventa anche amica, condividendone cultura e ideali. A ventidue anni, incontra fatalmente l’uomo che diverrà prima suo adorato marito e poi spietato “padrone”, Mustafà Khar, politico più anziano di lei di vent’anni, affascinante e carismatico; Tehmina se ne innamorata perdutamente e fedele, sostiene la causa politica del marito, dedicandosi esclusivamente ai suoi quattro figli (la figlia avuta dal primo marito -prima di Mustafà- durante il secondo matrimonio non può vivere con lei, essendo stata “il prezzo da pagare” per il suo primo divorzio). Il matrimonio però si rivela essere una dolorosa agonia, una prigione per una donna “libera” come lei. Mustafà Khar si rivela violento e possessivo, le impone di non uscire più di casa, in pubblico si diverte ad umiliarla, a trattarla male, tenta di sottrarle i bambini con la scusa che è inadatta a seguire la loro educazione. In nome della religione a cui appartiene e per il bene dei figli prima di tutto Themina sopporta in silenzio anche per non avallare lo scandalo legato al buon nome della propria famiglia, poi decide di ribellarsi ma senza l’appoggio nè dei familiari che la ripudiano nè delle leggi di stato, poichè come donna musulmana perde i diritti sociali acquisiti con il matrimonio, la custodia dei figli, e il sostegno economico del marito.
Dopo il divorzio, scrive il suo primo libro autobiografico dal titolo “My Feudal Lord” (in Italia, appunto, “Schiava di mio marito”) tradotto in ben 35 Paesi tra Europa, Asia e America.
Nel tempo, Tehmina Durrani è diventata la donna più famosa del Pakistan, insieme a Benazir Bhutto, dirigendo lo “Jehad Movement of Pakistan”, il movimento contro la corruzione politica e a favore dei diritti delle donne. E’ impegnata da tempo sul fronte dei maltrattamenti subiti dalle donne nel suo paese e si batte per liberarle anche se come da lei stesso dichiarato in più interviste: non vuole l’occidentalizzazione della donna musulmana, ma un’emancipazione all’interno dell’Islam, sostenendo che soltanto una cattiva interpretazione del Corano porta a gesti criminali come la sfigurazione delle presunte “traditrici”.
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