Tempo fa vi avevo parlato di Tehmina Durrani, una grande donna pakistana che dopo una lunga, lunghissima battaglia al marito politico e dopo anni di violenze fisiche e psicologiche subite anche in nome della propria religione era riuscita a farsi valere come “femmina” con aventi diritti sostenendo che non vuole l’occidentalizzazione della donna musulmana, ma un’emancipazione all’interno dell’Islam. Oggi vi parlo invece della poetessa saudita Nimah Ismail Nawwab (scrittrice, poetessa, fotografa e attivista).
Nimah, sfidando “i protocolli” del regno waabita e’ stata il primo autore (uomini inclusi) a firmare -durante una presentazione letteraria- i propri libri in pubblico, un gesto altamente insolito e progressista, in una terra dove alle donne è vietato persino pensare una cosa simile, una “cosa” così occidentale. I suoi libri sono stati i primi della storia ad essere tradotti negli Usa. Nimah sebbene sia una donna volta all’emancipazione, tiene ben salde le sue radici non parlando della sua vita privata in pubblico, infatti di lei si conosce ben poco, dalla sua età ai figli è tutto un mistero. Non fa riferimento a nulla di personale che non siano le sue battaglie “umanistiche” (umanista perchè non preferisce dichiararsi “femminista”), affermando di aver fatto un patto con la sua famiglia: “In Arabia, se sei donna, hai bisogno dell’appoggio del marito, dei genitori e dei fratelli per poter viaggiare, studiare, lavorare e scrivere, ovviamente”.
Nimah Ismail Nawwab: “Lottiamo da vent’anni per la parità di genere, dunque questa novità non è affatto una gentile e improvvisa concessione del re, com’è stato scritto. Ma il punto di svolta per le donne arabe è un altro: l’abolizione del guardiano”.
Nimah si batte da tempo per i diritti femminili, ha sostenuto la campagna Women2 Drive (per l’abolizione del divieto di guida per le donne) ed anche se nel suo paese nel 2015, un piccolissimo passo è stato fatto dal defunto Re Abdullah dando la possibilità alle donne di andare alle urne e candidarsi, lei non si è mostrata soddisfatta all’epoca non nascondendo le sue reazioni, in quanto, nonostante (le donne, ndr) abbiano acquistato un diritto da sempre negato, non possono presentarsi ancora senza un “guardiano”: una figura maschile richiesta dalla legge per autorizzare la donna in qualsiasi azione e decisione. Senza il guardiano, la donna saudita non può lavorare (anche se, da un paio di anni, le donne saudite sono state autorizzate a svolgere qualsiasi lavoro mentre prima potevano svolgere solamente due attività ritenute adeguate e appropriate ad una donna, fare il medico o l’insegnante, oggi possono teoricamente fare qualsiasi lavoro, ma in pratica ciò non accade mai considerato che tutto dipende sempre dalle possibilità concesse dalle loro famiglie), né sposarsi, né viaggiare all’estero, nemmeno sottoporsi a terapie mediche senza il benestare di quest’uomo, che in genere è un familiare.
I lavori di Nimah Ismail Nawwab sono stati tradotti in sei lingue ma non ancora in italiano e proprio in merito al successo ottenuto oltre l’Arabia appunto perchè è stata la prima poetessa saudita ad essere stata tradotta negli Stati Uniti, durante un’intervista Al Brecht Forum di New York, dichiarò: “Io penso che una donna non debba autocensurarsi: se vuoi fare una cosa devi agire naturalmente, senza pensarci troppo sopra e l’effetto non potrà che essere positivo”.
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