L’invecchiamento è un processo irreversibile che porta al declino delle funzioni vitali.
Negli anni, le ricerche in merito sono state tantissime ed altrettante sono le teorie che affrontano il problema delle cause di tale declino: da quella medico biologica, che lo intende come processo di usura degli organi e dei sistemi, a quella genetica che rimanda il declino ad un programma inscritto negli acidi nucleici.
Attualmente però, nonostante le ricerche, una conoscenza esauriente dell’effetto dell’invecchiamento sulle capacità legate alla memoria è ben lontana dall’essere raggiunta ed anzi, è ancora frequente il pregiudizio che l’incremento dell’età determini un indebolimento generale della memoria a causa di un impoverimento della produzione cognitiva.
Per tale motivazioni può avvenire così che il presentarsi di disturbi lievi sia erroneamente interpretato come sintomo di manifestazioni patologiche inevitabili e incurabili a causa dell’età e quindi diventino sintomi poi trascurati e sottovalutati.
Al giorno d’oggi, l’anziano può quindi ritrovarsi in una condizione psicologica di rinuncia ad utilizzare i metodi abitualmente adoperati in passato per ricordare o comunque per tenere allenata la mente con risultati migliori. Inevitabilmente, l’abilità non sfruttata viene poi persa…
E’ sempre bene quindi consigliare ed incoraggiare le persone anziane a noi più vicine, a continuare a mantenere la mente in allenamento, cercando di non rinunciare mai davanti alle difficoltà legate a pensiero e memoria.
Nelle persone in là con l’età poi, l’equilibrio tra tutti i sistemi umani (biologico, psicologico, sociale, relazionale) è abbastanza fragile quindi un momentaneo disagio psicologico può produrre anche problemi fisici, motori e funzionali che, rendono quindi la situazione più grave sia per il soggetto che per l’intera famiglia.
Quindi, nel rapporto con i nonni o gli zii più anziani, è necessario aver cura sia del loro corpo, che della loro mente, sostenendoli nell’affrontare questa difficile fase dell’età adulta.
Situazione più comune è quella legata alla memoria: anche se la memoria del passato rimane in genere buona, spesso gli anziani lamentano di non ricordare più come una volta. In particolare, essi si trovano in difficoltà in tutti quei piccoli compiti quotidiani che richiedono un aggiornamento della memoria di lavoro.
Questo non significa, come spesso si ritiene, che gli anziani si differenzino dai giovani per un impoverimento della produzione cognitiva ma si tratta, come sostengono Hasher e Zacks, di un indebolimento legato alla selezione che svolgono i meccanismi di soppressione ed inibizione su stimoli poco rilevanti.
Gli anziani sono in grado di produrre buone immagini mentali, che si differenziano da quelle dei giovani perché fanno continuamente riferimento alle esperienze del proprio vissuto, quasi sempre, molto intenso emotivamente.
Si crea quindi un sovraccarico di informazioni perchè questa produzione cognitiva risulta eccessivamente ricca di particolari non pertinenti e tali stimoli, non bloccati o soppressi, provocano gravi interferenze in fase di codifica e recupero.
Questo meccanismo quindi può essere alla base del peggioramento di alcune capacità legate alla memoria.
In generale però si può affermare che gli aspetti dell’intelligenza cristallizzata, quelli cioè che hanno radici nella storia personale e unica dell’individuo, non si modificano mentre invece gli aspetti fluidi, quelli connessi ai meccanismi biologici, tendono al declino perché con l’età si verifica una riduzione dei tempi di risposta agli stimoli.
Lo psicologo, nel lavoro con gli anziani, ha buone possibilità di successo grazie all’utilizzo di training per:
- esercizi di riattivazione cognitiva, di memoria procedurale, rinforzo della motivazione, trattamento dei disturbi del comportamento, test neuropsicologici;
- miglioramento del benessere, dell’adattamento, dell’umore, aumento dell’autostima, accettazione della malattia e della morte, sostegno alla famiglia.
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