Certe volte funziona così, in molti luoghi di lavoro l’elegante e motivazionale detto “il lavoro nobilita l’uomo” perde violentemente in prevalenza squarciando l’anima e la dignità di una donna che per avverare il sogno di essere madre mette a rischio il suo posto di lavoro. Si chiama “mobbing dopo maternità” ed è un argomento troppo poco toccato, troppo taciuto con la scusante di tenersi stretto il posto ad ogni “costo”. E’ dura, ma è così.
Le mamme lavoratrici sono sempre più spesso vittime del fenomeno del “mobbing dopo maternità”, ovvero quella pratica con cui si cerca di indurre una persona ad abbandonare il posto di lavoro senza dover ricorrere al licenziamento (che costa troppo, evidentemente), allora si porta allo sfinimento psicologico. La donna, madre, terminato il congedo di maternità, al rientro operativo non trova più il suo posto di lavoro precedente: se non può essere licenziata, le si affidano lavori di bassa professionalità e generici, dal centralino alla portineria alle fotocopie alla tenuta dell’archivio. Un invito a dimettersi semplicemente perchè una “madre” è difficilmente gestibile all’interno di un gruppo, peggio se madre single e perchè? Perchè una donna madre lavoratrice avrà sempre un impegno con la scuola, un permesso (in)giustificato, un appuntamento con il pediatra, una gita da accompagnare, una recita scolastica, un orario (in)tollerabile. Una madre per un’azienda è un peso e questo non è certo un “paese per mamme” (stando all’ultimo monitoraggio dell’Ispesl, in Italia circa un milione e mezzo di lavoratori è vittima di questa vessazione. Il problema è più diffuso al nord con il 65% ed ovviamente a conferma della causa, il 52% di questo 65 totale comprende le donne).
Il problema sorge con le incompatibilità di orari scuola/lavoro, con strutture poco o niente dedicate al benessere dei bambini, con piccole perfierie costrette a fare il doppio turno scolastico per mancanza di posti; tutto questo per una madre è un dramma poichè si ritroverà sempre a fare i conti con colleghi che per carrieirismo risalteranno piccole e giustificate “mancanze” come un ritardo mattutino dovuto ad un capriccio (normalissimo) del bambino al risveglio o all’entrata di scuola, o nel peggiore e più spudorato dei casi, con un datore di lavoro cinico e distaccato che “i tuoi ritardi provocano un rallentamento aziendale” e questo potrebbe essere giustificato (per eccesso di giustificazione o parallelismo al vittimismo incodizionato) in un ambiente di lavoro a catena di montaggio, ma se si parla di un lavoro d’ufficio ci dovrebbero essere “regole” meno severe o quanto meno tolleranza “non causa pro causa”.
Purtroppo il problema del mobbing dopo maternità non è una questione solo di licenziamento o dimissione, che tra l’altro -per fortuna- è difendibilissima, infatti sono già state emesse numerose sentenze che accolgono le richieste delle lavoratrici discriminate ingiustamente e ci si può rivolgere agli sportelli specializzati in mobbing, che in genere vengono attivati dai sindacati che in alcuni casi possono indirizzare a un legale; l’altro aspetto del mobbing è l’insorgere di disagi emotivi e psicofisici che possono essere anche molto gravi: una madre si ritroverà istintivamente a chiedersi se la scelta di un figlio sia stata giusta “paragonando” il tutto alla possibilità di ritrovarsi senza un lavoro, e, per giunta, con un figlio a carico. Tutto ciò è tanto più problematico se ad avere problemi sul lavoro è una mamma single che ha la completa responsabilità della crescita del bimbo. Per fortuna esistono anche analogie al caso e non ovunque è così e non tutte le donne che scelgono di avere figli rischiano il posto. Esistono ambienti di lavoro stimolanti, permessi retribuiti, coalizione tra colleghi e donne che riescono a conciliare il ruolo di madre con quello di manager segretaria o cassiera che sia realizzando così i desideri di mamma con le esigenze di una lavoratrice.
Si è detto: La donna che può inventare il suo proprio lavoro è la donna che otterrà fama e fortuna.
Cosa si può mai dire invece ad una donna che al giorno d’oggi deve scegliere tra la possibilità di lavorare per avere figli e non avere figli per lavorare?
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