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Con il termine inglese “stalking” si intende una serie di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi dell’abitazione o dei luoghi comunemente frequentati dalla vittima, intrusione nella sua vita privata per ricercare un contatto personale attraverso pedinamenti, telefonate indesiderate o oscene, invio di sms, fiori e regali non graditi.
Etimologicamente, il termine “stalk” può essere tradotto in vari modi nella lingua italiana come, ad esempio, “caccia in appostamento”, “caccia furtiva”, “pedinamento furtivo”, “avvicinarsi furtivamente”, “avvicinarsi di soppiatto”; tuttavia questi termini non riescono a chiarire in maniera sufficiente il significato anglosassone che è dato allo stalker (l’autore delle molestie) che segue la vittima per scopi molesti.
Come riconoscerlo?
Le dinamiche dello stalking sono assolutamente peculiari, non possono essere accomunate ad altre manifestazioni violente e, a questo proposito, risultano essere particolarmente importanti tre caratteristiche affinché si possa parlare di stalking:
- lo stalker agisce nei confronti di una persona designata come vittima in forza di un investimento ideo-affettivo basato su una situazione relazionale reale oppure parzialmente o totalmente immaginata;
- lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sul contatto e/o comunicazione ma connotati in ogni caso da intrusività, insistenza e ripetizione;
- la pressione psicologica legata alla “coazione” comportamentale dello stalker e al terrorismo psicologico effettuato pongono la vittima in uno stato di emergenza, di allerta e di stress psicologico. Tali vissuti psicologici possono essere legati sia alla percezione sgradita e fastidiosa dei comportamenti persecutori, sia alla preoccupazione e all’angoscia che derivano dalla paura per la propria incolumità.
È però importante comprendere che dietro a comportamenti simili si possono celare motivazioni anche molto differenti tra loro.
Gli stalker possono essere ex fidanzati ma anche conoscenti o sconosciuti ma comunque sempre individuabili in cinque tipologie distinte in base ai bisogni e ai desideri che fanno da spinta alla motivazione:
- il “risentito”, caratterizzato da rancori per traumi affettivi ricevuti a suo avviso immeritatamente da altri (generalmente un ex-partner);
- il “bisognoso d’affetto”, desideroso di trasformare in una relazione sentimentale un normale rapporto della quotidianità, insiste e fa pressione poiché convinto che prima o poi l’oggetto delle sue attenzione cederà;
- il “corteggiatore incompetente”, opera in genere stalking di breve durata, risulta opprimente e invadente principalmente per “ignoranza” sulle modalità relazionali, arrecando un fastidio preterintenzionale;
- il “respinto”, rifiutato dalla vittima, caratterizzato dal volersi vendicare dell’affronto costituito dal rifiuto e, contemporaneamente, dal riprovare ad instaurare una relazione con la stessa vittima;
- il “predatore”, il suo obiettivo è di natura prettamente sessuale poichè ricava eccitazione dal riferire le sue mire alle vittime che può così rendere oggetto di caccia dopo avergli suscitato sentimenti di paura; questa tipologia riguarda spesso voyeur e pedofili.
Alcuni dati
I contesti in cui si manifesta lo stalking, secondo una statistica dell’Osservatorio Nazionale sullo Stalking, riguardano: nel 55% circa la relazione di coppia; nel 25% circa il condominio; nel 5% circa la famiglia (figli/fratelli/genitori); nel 15% circa il posto di lavoro/scuola/università.
In Italia le condotte tipiche dello stalking configurano il reato di “atti persecutori” secondo il codice penale che li sottolinea proprio: «Chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita» (art. 612-bis).
A ciò si aggiungono alcune norme accessorie, come l’aumento di pena nel caso di recidiva o se la vittima è un minore e il fatto che lo stalking costituisca un’aggravante in caso di omicidio e violenza sessuale.
Con questo reato normalmente si può procedere ad accertamento anche solo con querela ma è prevista la procedibilità d’ufficio nel caso in cui la vittima sia un minore, una persona disabile, quando il reato è connesso ad un altro delitto procedibile d’ufficio e quando lo stalker è già stato ammonito precedentemente dal questore.
Quali rimedi e quali pene per lo stalker?
Non è sufficiente fare ricorso alla giustizia punitiva ma è necessaria anche la giustizia riparativa: le azioni moleste, lesive e violente della libertà personale vanno condannate ma è anche indispensabile un recupero psicologico delle persone coinvolte, poiché gran parte degli stalker hanno una struttura di personalità patologica.
E proprio a causa di questa struttura di personalità, lo stalker può vivere la denuncia come un’ulteriore “provocazione” da parte della vittima e spesso ciò porta ad un’esplosione di violenza incontrollata che può culminare con l’omicidio o l’omicidio-suicidio.
Un percorso di psicoterapia potrebbe, invece, aiutare in modo concreto lo stalker a prendere coscienza delle sue azioni e superare, in questo modo, il disagio che lo spinge a instaurare relazioni di dipendenza affettiva.
(fonte: cosmopolitan.it)
La terapia per la vittima di stalking
Il ricorso ad una psicoterapia individuale è sempre vivamente consigliato e parallelamente è d’obbligo richiedere anche un’assistenza legale.
Per programmare un percorso terapeutico si inizia con una vera e propria educazione psicologica su stalking, stalker e vittima e poi approfondire le risposte più idonee da fornire al comportamento molesto in atto: interrompere i contatti, non rispondere a telefonate, sms, mail, lettere, non farlo entrare in casa nè rivolgergli la parola se lo si incontra per strada, iscriversi ad un corso di autodifesa per aumentare la fiducia in sé.
Consigli che spesso sono utili per diminuire la frequenza fino alla completa interruzione dello stalking ma è spesso possono anche aumentare i suoi sentimenti di vendetta, aggravare e rafforzare i suoi tentativi.
Spesso, soprattutto se lo stalker è un ex, può essere utile un incontro di confronto con la vittima, sempre alla presenza di una persona fidata e in un luogo pubblico, poichè c’è sempre la possibilità di poter fare affidamento ad uno spiraglio di buonsenso e ragionevolezza.
Andando avanti con il trattamento, la fase successiva è l’elaborazione emotiva delle situazioni vissute ma è una fase che raggiunge risultati migliori se effettuata a stalking interrotto o comunque quando sono in atto misure di sicurezza valide.
Se vi riconoscete in queste situazioni o se amiche vi hanno confidato di esserne vittima, non esitate a parlarne con qualche professionista competente.
Per qualsiasi ulteriore domanda, contattatemi all’indirizzo: psicologia@tentazionedonna.it
Ho scritto questo articolo con l’aiuto della Dott.ssa Stefania Santonico
Dott.ssa Cristina Colantuono
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