Gli scandali alimentari sembrano essere ormai all’ordine del giorno, il “sai quello che mangi” un dogma imperante.
Purtroppo non sempre le confezioni sono oneste: pur nei limiti di legge a volte cercano di suggerire un’origine naturale degli ingredienti e un’ origine italiana che poi a ben vedere non sono reali.
Mi è venuto in mente di scrivere questo articolo dopo un paio di episodi in cui mi son imbattuta recentemente: un olio di sesamo regalatomi che a leggere bene l’etichetta era 75% olio di colza e il resto di sesamo e una bottiglia di olio extravergine d’oliva al supermercato che sventolava una bella italica bandiera per poi scrivere in piccolo, sul retro, che il senso di quella bandiera era la lavorazione in Italia mentre il prodotto di base (olive) aveva un’origine non dichiarata.
Trovo questi espedienti fastidiosi, mi irrita dover approcciarmi a un prodotto con lo spirito di chi va cercando la fregatura, purtroppo noto sempre piu’ spesso che è pero’ il modo giusto se voglio portare a casa qualcosa di qualita’ e prodotto nel mio paese.
Per quel che riguarda l’origine dei prodotti, se sono etichettati come DOP, IGP o STG sapete di comprare italiano e con una garanzia di qualita’ poichè il prodotto nasce secondo un preciso e stretto disciplinare.
In alternativa dovete trasformarvi in detective e leggere le etichette in toto senza fermarvi alla dicitura del 100% italiano che spesso si riferisce solo a parte del prodotto (per esempio l’olio in una scatoletta di tonno sott’olio dove il tonno viene in realta’ dall’estero), al “sugar free” (senza zucchero) che quasi sempre cela zuccheri sotto nomi diversi dal saccarosio come sciroppo di glucosio, fruttosio, amido di mais, maltosio, sciroppo di cereali o di mais che hanno pero’ esattamente le stesse caratteristiche dolcificanti del normale zucchero e un potere calorico simile oltre a far alzare la glicemia come il saccarosio.
L’elenco degli ingredienti è certamente quello che spesso ci fa propendere per l’acquisto oppure no di un prodotto: obbligatoriamente vengono elencati in ordine decrescente di quantita’ e possono quindi darvi un’idea esatta di cosa c’è dentro a quello che pensate di mangiare anche in termini di qualita’: gli aromi sono semplicemente aromi (ovvero sono artificiali) o sono aromi naturali?La denominazione grassi vegetali spesso nasconde un mix di olii di infimo livello che non sono necessariamente piu’ sani dei grassi animali come lo strutto (presente per esempio in alcuni pani da toast).
Ovviamente i grassi da preferire sono i piu’ “nobili” e non manipolati: olio d’oliva e burro.
Chi si prende la briga di utilizzarli lo scrive di certo dato che è un indiscutibile punto a favore della qualita’ del suo prodotto.
La data di scadenza è obbligatoria per legge sia sui prodotti freschi che su quelli conservati.
Dobbiamo distinguere due diciture: “consumare entro” e “consumare preferibilmente entro”.
Nel primo caso la scadenza è tassativa, parliamo degli alimenti piu’ freschi come latte, carne, formaggi…
Dopo la data indicata il rischio che il prodotto non sia piu’ integro e ci sia una proliferazione batterica è alto anche se fanno sempre fede odore, colore e consistenza del cibo per capire se qualcosa non è piu’ commestibile.
Nel secondo caso ci si riferisce a prodotti inscatolati o secchi che, passata la data suggerita, potrebbero essere meno saporiti o gustosi ma non avere alcun problema di contaminazione (se conservati adeguatamente ovviamente).
Costa di piu’ o di meno?
Due confezioni apparentemente simili possono avere prezzi diversi ma siamo certi di comprare la stessa quantita’ di prodotto? Non sempre la grammatura, a parita’ di confezione, è uguale: per evitarvi inutili e noiosi calcoli tutti i supermercati, nella targhetta del prezzo, sono tenuti ad esibire il prezzo a confezione e il prezzo al chilo o litro.
In questo modo capirete subito quale prodotto costa meno (e leggendo a dovere l’etichetta capirete probabilmente in fretta anche il perchè!).
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