Matematica, astronoma e filosofa.
Coraggiosa, curiosa, intelligente e fiera.
Tutto questo è Ipazia d’Alessandria.
Vissuta tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, Ipazia è stata una delle prime studiose donne dell’epoca. Nata e vissuta ad Alessandria, fu guidata dal padre Teone, filosofo greco, verso lo studio per la filosofia e la scienza. Sin da piccola, Ipazia si appassionò alla matematica e all’astronomia, ma non dimenticò di studiare ed insegnare anche filosofia ai suoi studenti, che erano gli stessi seguiti dal padre.
Fu infatti la morte del padre che la portò a prendere la cattedra neoplatonica della scuola di Alessandria.
Come donna, essa è il simbolo della conoscenza e della virtù femminile. All’epoca, permettere ad una donna di studiare e di insegnare era qualcosa di impensabile. Solo un uomo, si pensava, poteva avere le capacità adeguate per insegnare la scienza e solo un uomo poteva imparare cosa fosse veramente.
La cultura e la scienza, già viste di cattivo occhio dai cristiani dell’epoca, erano ancora più pericolose se affidate alla mente contorta di una donna, priva di scrupoli e troppo libertina, come Ipazia veniva considerata.
Raccontare la sua storia non è semplice. Per due motivi: innanzitutto, circolano diverse voci sulla sua sorte; inoltre, la sua storia è talmente importante che andrebbe letta seriamente, magari attraverso una sua biografia. Quello che qui voglio fare, contrariamente alle solite biografie che scrivo, è far capire a voi che leggete le sostanziali differenze che si possono trovare tra due testimoni della vita di Ipazia.
Due voci contrastanti che narrano la fine di questa Grande Donna, che ha pagato con la vita il suo amore per la cultura e per la scienza. Due voci separate, entrambe provenienti da un antico mondo, dove scienza e religione erano da anni in continua opposizione.
Ecco quindi la breve vita di Ipazia, narrata da due spettatori: Damascio, filosofo pagano e Direttore dell’Accademia di Atene, e Giovanni, Vescovo cristiano di Nikiu.
Per Damascio:
“…Ipazia nacque ad Alessandria dove fu allevata ed istruita. Poichè aveva più intelligenza del padre, non fu soddisfatta dalla sua conoscenza delle scienze matematiche e volle dedicarsi anche allo studio della filosofia.
La donna era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della città. Commentava pubblicamente Platone, Aristotele, o i lavori di qualche altro filosofo per tutti coloro che desiderassero ascoltarla. Oltre alla sua esperienza nell’insegnare riuscì a elevarsi al vertice della virtù civica.
Fu giusta e casta e rimase sempre vergine. Lei era così bella e ben fatta che uno dei suoi studenti si innamorò di lei, non fu capace di controllarsi e le mostrò apertamente la sua infatuazione. Alcuni narrano che Ipazia lo guarì dalla sua afflizione con l’aiuto della musica. Ma la storia della musica è inventata. In realtà lei raggruppò stracci che erano stati macchiati durante il suo periodo e li mostrò a lui come un segno della sua sporca discesa e disse, “Questo è ciò che tu ami, giovanotto, e non è bello!”. Alla brutta vista fu così colpito dalla vergogna e dallo stupore che esperimentò un cambiamento del cuore ed diventò un uomo migliore.
Tale era Ipazia, così articolata ed eloquente nel parlare come prudente e civile nei suoi atti. La città intera l’amò e l’adorò in modo straordinario, ma i potenti della città l’invidiarono, cosa che spesso è accaduta anche ad Atene. Anche se la filosofia stessa è perita, il suo nome sembra ancora magnifico e venerabile agli uomini che esercitano il potere nello stato.
Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristianesimo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c’era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia il filosofo e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare.
Quando Ipazia uscì dalla sua casa, secondo il suo costume, una folla di uomini spietati e feroci che non temono né la punizione divina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commettendo così un atto oltraggioso e disonorevole contro il loro paese d’origine.
L’Imperatore si adirò, e l’avrebbe vendicata se non fosse stato subornato da Aedesius. Così l’Imperatore ritirò la punizione sopra la sua testa e la sua famiglia tramite i suoi discendenti pagò il prezzo. La memoria di questi eventi ancora è vivida fra gli alessandrini”
Per Giovanni:
“In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici.
Il governatore della città l’onorò esageratamente perché lei l’aveva sedotto con le sue arti magiche. Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume. Ad eccezione di una volta in circostanze pericolose. E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei, ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua.
Un giorno in cui stavano facendo allegramente uno spettacolo teatrale con ballerini, il governatore della città pubblicò un editto riguardante gli spettacoli pubblici nella città di Alessandria. Tutti gli abitanti della città erano riuniti nel teatro.
Cirillo, che era stato nominato patriarca dopo Teofilo, era ansioso di comprendere esattamente il contenuto dell’editto.
C’era un uomo chiamato Hierax, un cristiano che possedeva comprensione ed intelligenza e che era solito dileggiare i pagani. Era un seguace affezionato all’illustre padre il patriarca ed obbediente ai suoi consigli. Egli era anche molto versato nella fede cristiana.
Ora questo uomo si era recato al teatro per conoscere la natura dell’editto. Ma quando gli ebrei lo videro nel teatro gridarono e dissero: ‘Questo uomo non è venuto con buone intenzioni, ma solamente per provocare un baccano’.
Il prefetto Oreste fu scontento dei figli della santa chiesa, e Hierax fu afferrato e sottoposto pubblicamente a punizione nel teatro, sebbene fosse completamente senza colpa.
Cirillo si irritò con il governatore della città per questo fatto, ed anche perché aveva messo a morte Ammonio, un illustre monaco del convento di Pernodj, ed anche altri monaci.
Quando il magistrato principale della città venne informato, rivolse la parola agli ebrei come segue: ‘Cessate le ostilità contro i cristiani’. Ma essi rifiutarono di dare ascolto a quello che avevano sentito; si vantarono dell’appoggio del prefetto che era dalla loro parte, e così aggiunsero oltraggio a oltraggio e progettarono un massacro in modo infido.
Di notte posero in tutte le strade della città alcuni uomini, mentre altri gridavano e dicevano: ‘La chiesa dell’apostolico Athanasius è in fiamme: corrano al soccorso tutti i cristiani’. Ed i cristiani al sentire queste grida vennero fuori del tutto ignari della slealtà degli ebrei. Quando i cristiani vennero avanti, gli ebrei sorsero e perfidamente massacrarono i cristiani e versarono il sangue di molti, sebbene fossero senza alcuna colpa.
Al mattino, quando i cristiani sopravvissuti sentirono del malvagio atto compiuto dagli ebrei contro di loro, si recarono dal patriarca. Ed i cristiani si chiamarono a raccolta tutti insieme. Marciarono in collera verso le sinagoghe degli ebrei e ne presero possesso, le purificarono e le convertirono in chiese. Una di esse venne dedicata a S. Giorgio.
Espulsero gli assassini ebrei dalla città. Saccheggiarono tutte le loro proprietà e li derubarono completamente. Il prefetto Oreste non fu in grado di portare loro alcun aiuto.
Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi.
Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un’alta sedia. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno.
Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono ‘il nuovo Teofilo’ perché aveva distrutto gli ultimi resti dell’idolatria nella città”.
Per quanto io possa rispettare la religione e i suoi aspetti, ripudio fortemente il grave episodio accaduto a questa giovane donna, che altro non voleva se non la conoscenza della verità, cosa a cui tutti aspiriamo.
La sua morte è il simbolo della conoscenza e del sacrificio che molte donne affrontano, ancora oggi, per essere rispettate e ritenute adeguate al apri dell’uomo, nella vita accademica così come nella quotidianità.
Ipazia deve essere ricordata. Deve essere un monito per coloro che proibiscono alla cultura e alla scienza di espandersi come tali e deve essere un simbolo per tutte coloro che lottano.
Lottate. Fatelo ogni giorno, perché se Dio esiste ed ama, lo farà a prescindere da sesso, religione, istruzione e formazione.
Beatrice
Elisa Rossi dice
grande beatrice,
condivido appieno con IPAZIA e la mia lotta arriverà all'obiettivo finale!
stavolta nulla potrà fermare l'onda dell'amore
in questo momento di sofferenza molti sono coloro che vivono luce e illumino le scelte
grazie
valeria