Come insegnare il bon ton ai bambini? Partiamo da un presupposto: se Pierugo sta facendo l’imitazione dell’Esorcista mentre si fionda attraverso il corridoio del ristorante, nessuno qui sta lanciando maledizioni nei suoi confronti. Sono tutte rivolte agli scriteriati genitori che per carenza di buon esempio o più colpevole trascuratezza, gli permettono questi sfoghi di cosiddetta spontaneità.
Non vale dire “eh, ma è solo un bambino”: tu genitore un bambino non sei più, ed è tua responsabilità crescere un membro della società civile e non un selvaggio. Il metodo più facile è il buon esempio: come pretendere che Genoveffa utilizzi un linguaggio appropriato se mamma e papà si lanciano epiteti degni delle peggiori commedie trash? I bambini vi guardano: l’esempio è la prima lezione.
Un tema molto sentito, dice il web, pare essere quello dei bambini a tavola: insegnargli a mangiare senza lanciare il cibo come giocatori di pallamano od utilizzare le posate come fossero bacchette di uno xilofono sono effettivamente punti che anche i commensali apprezzeranno.
In molti casi i segni di irrequietezza – scivolare scomposti sulla sedia, agitarsi, giocare con il cibo – ci fanno capire che o la pietanza è sgradita, o che il pranzo ( o cena) si è protratto in maniera eccessiva. Consiglio numero 1: non forzatelo nel finire tutto, e se siete a casa permettetegli di allontanarsi dal tavolo – a patto di rendere chiaro che a questo punto il pasto è finito, non ci saranno andirivieni continui tra tavola e sala giochi. Se siete al ristorante (a parte chiedervi se non sarebbe stato meglio affidare il pargolo ad una baby sitter sapendo di affrontare una cena di 6 ore?) cercate di coinvolgerlo nella conversazione, riducendo il suo livello di noia – ma per l’amor del cielo non lasciatelo libero di scorazzare tra i tavoli urlando come un guerriero vichingo.
Il pranzo a casa di amici e parenti con pargolo al seguito nasconde una minaccia linguistica: e se il dolce Gianfrancesco davanti alla prelibata portata servitagli da zia Giuseppa reagisse con un sonoro “CHE SCHIFO!”… chi lo spiega alla zia che “è solo un bambino”? Consiglio numero 2: per uscirsene con questo commento il pargolo evidentemente usa queste espressioni anche a casa, ed è lì che mamma e papà devono insegnare le buone maniere – senza urla e drammi, ma spiegandogli in maniera divertente che ci sono modi migliori per esprimere il suo poco entusiasmo. Educatelo anche ad assaggiare tutte le portate che gli vengono proposte, senza obbligarlo a mangiare tutto ma stimolandone la curiosità per non diventare schizzinoso e prigioniero di un menù ristretto fin dalla più tenera età.
In pubblico uno dei fattori chiave che portano chi vi circonda ad etichettare il piccolo Ubaldo come un selvaggio che ignora il galateo per bambini è sicuramenta il volume delle sue comunicazioni. Consiglio numero 3: Cercare di attirare la vostra attenzione strillando come un’aquila inferocita non deve diventare un espediente di successo. A casa ignorate questo comportamento fino a renderlo inutile (ci vorrà un po’ prima che cambi strategia, ma ci arriverà), fuori usate tattiche diversive per catturarne l’attenzione: una domanda che lo coinvolga nella conversazione, una richiesta che lo distragga: e saremo tutti più sereni ed in silenzio.
Allo stesso modo, se volete ancora avere delle amiche con cui intrattenere una conversazione di più di dodici secondi, è buona cosa insegnare alla piccola Ermenegilda che non si interrompe chi sta parlando (eccezion fatta per i casi di vita o di morte). Consiglio numero 4: abituatela a casa che le sue richieste verranno tranquillamente ascoltate anche se non balza urlando nella stanza travolgendo chiunque sia in vostra compagnia. Basterà arrivare ed attendere che terminiate la frase: sarete voi a prestarle attenzione a tempo debito (ovvio che non può essere al termine di un monologo di dieci minuti, ma questo è scontato).
Forse esula dalle regole della buona educazione versione kid, ma sarà apprezzato dai più il Consiglio numero 5: insegnate fin piccoli ai pargoli il valore della puntualità: arrivare in tempo (e magari con il sorriso sulle labbra) li farà partire con il piede giusto in tantissime situazione, come forma di rispetto per chi li sta aspettando.
Sicuramente ci sono moltissimi consigli che potremmo aggiungere: i vostri quali sarebbero?
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