“La sola risposta alla violenza è una risposta d’amore. Questa risposta d’amore, questo atteggiamento non violento, per me, ha avuto origine dalla fede cristiana.”
Si espresse così in un’intervista dopo il suo rilascio da una prigionia durata 6 anni; nessuna vendetta ma pietà, perdono per chi l’aveva rapita e niente odio. Íngrid Betancourt, donna di politica, candidata -prima del rapimento per mano della Farc- alla presidenza della Colombia, suo paese di origine ma francese di adozione “culturale”. E’ in Francia infatti, che ha passato la maggior parte della sua vita, dove ha studiato presso l’Institut d’études politiques di Parigi.
Ingrid Betancourt nasce a Bogotà il 25/12/1961; dopo aver conseguito gli studi a Parigi, sposa un diplomatico compagno di studi ed aquisisce la cittadinanza francese attraverso il matrimonio. Fa ritorno in Colombia dopo l’omicidio di un candidato alle elezioni presidenziali che aveva nel suo programma elettore la lotta al narcotraffico. Nel 1990, la Betancourt entra a far part del ministero delle finanze dove poi si dimette per entrare definitivamente in politica. Pochi anni dopo e più precisamente nel 1944 lancia un proprio partito politico, il “Partido Verde Oxígeno”. Durante il suo mandato -incentrato sulla difesa dei diritti umani in un paese come la Colombia dove i “cartelli” (organizzazioni di narcotrafficanti) hanno il potere assoluto su cose animali e persone- riceve minacce di morte, che la spingono, attraverso l’aiuto dell’ (ora) ex marito, a mandare i figli a vivere in Nuova Zelanda.
Nel 1998 dopo che aveva denunciato l’operato dell’allora Presidente Pastrana, eletto anche grazie al suo appoggio ma accusato dalla Betancourt di non aver mantenuto le promesse fatte per ottenerlo, Íngrid scrisse un libro di memorie che uscì prima in Francia con il titolo di La rage au cœur (“La rabbia nel cuore”). Solo nel 2002 uscì in Colombia con il titolo La rabia en el corazón, libro che in Italia uscì col titolo “Forse mi uccideranno domani.”
Durante la sua campagna elettore decise di incontrare le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo) per trattare alcune tematiche care al suo programma elettorale. Non ricevendo però l’appoggio del governo decise di recarsi nella zona smilitarizzata insieme alla sua candidata-vice Clara Rojas e ad un gruppo di persone del suo staff. Il 23 febbraio 2002 nonostante fu fermata da un posto di blocco militare ed intimata a non proseguire data la pericolosità dell’area, proseguì il viaggio e la Betancourt venne così catturata -due mesi prima del voto- da uomini delle FARC che la tennero in ostaggio fino al 2008.
Per il rilascio, le FARC all’inizio chiesero uno scambio di prigionieri: 60 ostaggi politici per la liberazione di 500 uomini che si trovavano in prigione. All’inizio il governo optò per un’azione di forza per liberare i prigionieri. Ma i famigliari si opposero: era troppo rischioso, viste le condizioni del territorio dove il gruppo era tenuto prigioniero. Nell’agosto del 2004 il governo decise di contattare le Farc per una trattaviva, smentita poi dalle stesse Farc con una nota. Fu a settembre dello stesso anno che invece chiesero, con un comunicato, una zona dove praticare 72 ore di tregua, dove entrambe le parti avrebbero potuto incontrarsi per discutere con calma. Gli accordi non furono mai presi e soltanto nel 2008, in seguito ad un blitz ad opera di alcuni gruppi armati colombiani, Ingrid Betancourt viene liberata. Insieme a lei altri prigionieri, tra cui tre soldati americani.
Le prime parole dell’ex ostaggio franco-colombiano furono: “Voglio ringraziare prima di tutto Dio e i soldati colombiani”, e poi aggiunse: “Aspiro ancora alla carica di presidente della Colombia”.
Nel giugno 2008 il quotidiano italiano l’Unità la propose per il Premio Nobel per la Pace e Francesco Guccini le dedicò una canzone: Nella giungla.
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