La violenza sulle donne. Tema troppo spesso ricorrente e troppo spesso, anzi spessissimo, agli “onori” della cronaca nera. Ma non è di violenza fisica nel senso più stretto di cui voglio parlare, bensì di violenza psicologica: quanto è (il)legale amare contro ogni ragionevole senso logico? Donne che amano troppo per niente, o meglio, per morire, dentro o fuori dal corpo.
Prendo spunto da un articolo in prima pagina letto dal quotidiano stamattina mentre facevo colazione al bar. Io, come altre donne, come altre persone, nella normalissima abitudine di “ricaricarsi” prima di iniziare a lavorare – nel mio caso – o semplicemente “di andare avanti” in un comunissimo giorno di un mese qualunque: “Moglie massacrata di botte dal marito. Ricoverata in condizioni tragiche, non lo denuncia”; e mi è venuta in mente subito, per cronologia d’eventi, la modella ventenne di Caserta massacrata di botte, umiliata, beffeggiata deturpata dal suo uomo, geloso e violento. Rosaria l’ha perdonato per molto tempo, in nome di un amore che pensava potesse bastare e per molto più tempo gli ha dato la possibilità di ricominciare a farle del male, sempre in nome dell’amore o forse solo per la paura di stargli lontana, che era più pericoloso dello stargli vicino. Gelosia, violenza mista ad odio sfociate poi in una tragedia: un’aggressione più forte delle altre che le provoca l’asportazione della milza e finalmente il “coraggio” di non amare più quell’uomo, il suo uomo. Rosaria ha poi ripreso la sua vita in mano continuando a sfilare fino alla passerella di Miss Italia (istituita per lei la fascia di “miss coraggio”) portando sul corpo i segni della relazione con Antonio Caliendo che non la lasceranno più. Mai più.
Ma quante Rosaria ci sono nel mondo? Quante donne amano nel silenzio del loro dolore, continuando a fare i conti con giorni normali misti ad inferno. Quante donne psicologicamente inclinate non scappano via dal loro male, ma si vestono da crocerossine con il “voto” del purgatorio in terra e restano dentro le proprie mura vittime della loro stessa omertà che le rende incapaci di reagire e rivalersi sull’amor proprio. Aggrovigliate in quei “gomitoli” di sentimenti che in realtà non sono altro che “fili” di dipendenza, profonda sudditanza. Quante donne commettono l’errore di cercare un uomo ad ogni costo, di saltare da uno all’altro alla disperata ricerca di trovare ciò che manca dentro di loro. La ricerca disperata di un qualsiasi uomo che sia capace di sviluppare una (malsana) relazione senza aver prima consolidato un rapporto con se stesse fatto di serenità e conoscenza, per capire di cosa si ha realmente bisogno; prima ancora di accettare i difetti, sottomettendo il proprio pudore. Donne che amano troppo (o niente) che pur riconoscendo il loro partner come inadeguato, sperano o desiderano che lui cambi, fino ad assuefarsi, fino a non riconoscere più i confini del legittimo, fino a non distinguere più se l’atteggiamento è patologico o autodistruttivo, fino -ai casi più estremi- a non far parte più di questo mondo.
Amare troppo (non) è calpestare la propria dignità, annullandosi per dedicare la propria vita a tentare di cambiare un uomo “sbagliato”. Amare troppo (non) è quando si giustificano i malumori, le perdite di controllo o peggio si considera che le conseguenze violente o spropositate siano dipese da un’infanzia infelice, da un trauma passato o dalle proprie “provocazioni”: una catena di eventi paronici ed inesistenti; non c’è logica in questa “terapia del dolore”. E’ tutto frutto di un “amore” malato.
Ergo a termine con una considerazione personale e quanto mai al di sopra di ogni giudizio, perchè l’amore è un argomento così vasto ed ampio che non possiamo fregiarci del conoscerlo sul serio in tutte le sue sfaccettature. In amore, per amore, un conto è fare delle scelte sbagliate, un altro è soffrirne le pene da “dipendenza relazionale”. Dall’amare all’amare troppo il passo è nullo e zoppicante: quando tutto quello che si riceve dal partner porta sofferenza e dolore -sia fisico che morale- e nonostante ciò non si riesce a lasciarlo, anzi contro ogni legge fisica e stabile si desidera di più averlo accanto, “amandolo” ancora di più, allora si sta amando decisamente “troppo” lui e niente se stesse.
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