Bentornate, carissime lettrici!
Questa settimana, le nostre tre ragazze ci parleranno di un aspetto molto importante nell’organizzazione del matrimonio. Parliamo infatti di rito civile “CONTRO” rito religioso.
Ecco cosa pensa Federica, la nostra inviata che esprime un punto di vista “moderato”, tra innovazione e tradizione:
FEDERICA : sono cresciuta frequentando una scuola cattolica ed essendo credente ritengo sia giusto scegliere il rito religioso.
Non ho nulla da criticare a chi, in base alle proprie idee, preferisce il rito civile anzi, ammiro la coerenza di queste persone che si sentirebbero “fuori luogo” a celebrare il proprio matrimonio in una Chiesa.
Sarebbe ipocrita scegliere il rito religioso unicamente perché la cornice della Chiesa è più bella per le foto e per la cerimonia, si può, infatti, creare la giusta atmosfera con addobbi floreali e accompagnamento musicale anche in Municipio, rendendo la celebrazione altrettanto ufficiale e piacevole sia per gli sposi sia per gli invitati.
Credo che il corso pre-matrimoniale possa essere di grande aiuto per riflettere sul vero significato del matrimonio dal punto di vista religioso nonostante io sia la prima a ritenere che alcuni aspetti siano, invece,decisamente non “attuali”.
È importante capire che sposarsi in Chiesa significa giurare davanti a Dio di essere fedeli e rispettosi nei confronti dell’altra persona per tutta la vita. Se non si è credenti, celebrare il rito in Chiesa sarebbe solo una finzione, meglio quindi optare per la cerimonia civile.
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- Civile (senza alcuna rilevanza religiosa);
- Religioso (senza alcuna rilevanza giuridica);
- Concordatario, contratto cioè con rito religioso e contestuale attribuzione degli effetti civili (senza, quindi, dover celebrare due diversi riti).
Negli ultimi anni sempre più spesso avviene che gli sposi scelgano di effettuare separatamente il matrimonio civile e quello religioso, per svariate ragioni, tra le quali il desiderio di un’unione religiosa successiva a quella civile, l’esistenza di impedimenti giuridici di natura civile ma non ecclesiastica, ecc.
Cosa spinge una coppia a scegliere il rito concordatario? Istintivamente mi verrebbe da rispondere “la fede”, anche se non per tutti è così. Sempre più coppie, infatti, si sposano in Chiesa solo perché il rito è più “bello e scenografico”: vuoi mettere l’emozione di entrare in chiesa con l’abito bianco, la marcia nuziale in sottofondo, accompagnata dal padre verso l’altare dove, emozionato, attende lo sposo? Il rito civile è certamente più sobrio, informale e breve di quello religioso (dura al massimo una ventina di minuti). Ma il matrimonio non è solo un contratto; è la scelta di una vita, l’inizio di un cammino con la persona amata e, come tale, necessita di impegno. Se dal punto civile, infatti, il vincolo matrimoniale può essere sciolto anche con la volontà di uno solo dei due coniugi (divorzio non consensuale), dal punto di vista religioso il matrimonio è PER SEMPRE, un giuramento contratto dinanzi a Dio da mantenere a vita, nel bene e nel male. Tre sono i fini del matrimonio cristiano:
- Promessa della fedeltà coniugale (“ti sarò fedele sempre e non ti tradirò mai”)
- Promessa dell’indissolubilità (“ti prometto che sarò con te tutta la vita e che non credo che alcuna legge o alcun giudice possa sciogliere quello che voglio fare ed essere con te”)
- Fecondità del matrimonio: (“m’impegno con te ad avere figli, perché credo che senza figli non posso essere con te una piena unità e una vera famiglia”).
Il matrimonio cristiano è uno stimolo a vivere con la fede, a riscoprirla! A differenza di quello civile o della convivenza, il matrimonio cristiano è impegnativo, e ogni impegno, si sa, rende migliore l’essere umano, ne tira fuori la parte migliore, lo aiuta a sopportare le difficoltà che non possono essere né programmate né evitate.
LAURA: uno dei ricordi più vividi che ho della mia infanzia e adolescenza nel paese di 4000 abitanti in Sardegna dove sono cresciuta riguarda i matrimoni che si svolgevano lì. Il rito nuziale nel paese era un evento importantissimo, quasi epico. La tradizione voleva che lo sposo, all’ora prefissata del giorno della cerimonia, andasse già vestito di tutto punto a casa della futura sposa e insieme poi si recassero in Chiesa, a volte a piedi in una silenziosa processione, a volte in auto. Invece mia madre mi aveva detto che dalle loro parti (e forse, chissà, nel resto d’Italia), lo sposo arrivava in Chiesa per primo e stava lì ad aspettare che la sposa arrivasse e, al braccio del padre, percorresse con emozione la navata fino a giungere all’altare, dove poi si svolgeva la cerimonia.Questa seconda versione mi piaceva, ma non mi convinceva del tutto, fino a farmi pensare che fosse molto più bello fare insieme l’ultima passeggiata da fidanzati fino al luogo dove si sarebbe celebrato il matrimonio, e poi vuoi mettere la sfilata che la sposa poteva fare lungo le vie del paese con l’abito che avrebbe messo una sola volta nella vita?In ogni caso, il trait d’union tra queste diverse versioni rimaneva la Chiesa. Fino a un certo punto nella mia vita ho pensato che fosse giusto e “normale” sposarsi lì, quasi fosse un fatto assodato sul quale non fermarsi a riflettere. Poi nel tempo mi sono allontanata sempre di più dalla religione imposta dalla mia cultura, ci ho litigato, c’è stato un rapporto di odio e amore e alla fine ho capito che quel che conta di più per me è la spiritualità, il mio sentirmi vicino a qualcosa d’inspiegabile che mi aiuta e mi sostiene, senza riti o imposizioni.
Per questo so con certezza che bisogna più di ogni altra cosa far ciò in cui si crede. Ti senti aderente alla dottrina cattolica e quindi condividi il concetto che il matrimonio sia indissolubile e debba accogliere problemi, dolori, gioie e figli e ti senti di prendere questo impegno in accordo con queste indicazioni? Benissimo, allora la Chiesa è il luogo giusto per sposarti e per sentire tutta l’emozione di questo giorno, amplificata da canti e organi vibranti a far da sfondo alla tua Promessa. Pensi che il matrimonio sia un rito di passaggio importante per la vita della tua coppia, ma non t’interessa sigillarlo con una fede quale che sia? T’importa di più suggellare la tua unione con un rito semplice ma significativo che da quel giorno dia il via alla tua vita da coniuge? Allora sposati pure in Comune. A qualcuno forse sembra meno romantico, ma non farti ingannare da questo pensiero, in fondo il matrimonio è nato come “prendo te…” e ciò bastava anticamente per decretare ufficialmente l’inizio di una nuova famiglia.
Infine, pensi che la tua unione abbia un significato che va oltre qualsiasi rito e non hai interesse a legarti “ufficialmente” alla tua persona del cuore che vuoi scegliere ogni giorno senza l’obbligo di firma? Non vuoi darti “chiavi in mano” a nessuno? Sei pronto/a a combattere con le mille limitazioni che una coppia convivente deve affrontare rispetto a una sposata, dall’accendere un mutuo al diritto alle visite in ospedale? Bene: la soluzione giusta per te è semmai convivere e non sposarti!
Il succo della storia è: fai quello in cui credi, non lasciarti condizionare o fuorviare da amici, parenti, imposizioni culturali e sociali. Solo in questo modo il tuo sarà davvero il giorno più importante.
E se volessi sposarmi io, cosa sceglierei? Forse solo una cerimonia senza celebrante, a piedi nudi sulla spiaggia e le persone che mi vogliono bene intorno. Credo proprio non mi servirebbe null’altro.
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E voi future sposine, cosa pensate?
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