La depressione rappresenta oggigiorno una patologia tra quelle maggiormente diffuse a livello mondiale e di conseguenza anche più strettamente nazionale.
A caratterizzarla in primis vi sono tanti sintomi spia quali sottotono umorale, malessere generico, mal di testa, dolori gastrointestinali, tensione a collo e schiena a cui bisogna aggiungere nei casi più marcati disturbi del sonno, scarso appetito e perdita di peso (o per contro aumento dell’appetito e del peso), perdita d’interesse per le attività quotidiane, insoddisfazione latente, calo della libido, scarsa energia, eccessivo affaticamento, difficoltà di concentrazione, diffusa apatia.
Secondo le previsioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità tra circa 10 anni, la depressione sarà con tutta probabilità la seconda causa di malattia in tutto il mondo, Italia compresa (attualmente in Europa, la depressione è al 3° posto come causa di disabilità, subito dopo l’ischemia e i disturbi cardiovascolari).
La donna (in particolare nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 50 anni) continua ad essere maggiormente soggetta a questa patologia per predisposizione ormonale, ma si è arrivati nel tempo alla conclusione che almeno 15 persone su 100 nella loro vita abbiano sperimentato un episodio depressivo. Un problema importante fortemente connesso è quello relativo alla mancanza di una sua diagnosi tempestiva. Chi ne è colpito tende spesso a sottovalutarne i sintomi, adducendo il tutto a semplice stress, ma cadendo così in un burrone da cui non è semplice risalire, soprattutto considerando che si tratta di un problema su cui ci si confronta con molta reticenza.
A tal proposito risulta indispensabile, contestualmente ad una solida presa di coscienza, una terapia fondata sulla concomitanza di psicofarmaci ed una psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale. Gli antidepressivi di nuova generazione hanno una specifica azione su serotonina e noradrenalina; la cura deve durare almeno 6-8 mesi (senza mai tralasciare l’eventuale recidiva) al fine di evitare la tendenza alla cronicizzazione.
La scelta di un farmaco efficace e tollerato va incontro all’esigenza di un’assunzione a lungo termine, consentendo al paziente di conseguire oltre all’eliminazione dei sintomi anche una buona qualità di vita sia genericamente socio-relazionale che più strettamente lavorativa.
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