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Al giorno d’oggi ovunque si legga o con chiunque si parli, ansia e depressione sembrano essere le due parole più frequenti e gettonate.
Sono due parole legate tra loro perché a volte il lottare senza successo contro una, porta alla comparsa dell’altra ma sono usate con cognizione di causa o solo frutto della moda del momento?
Dov’è il limite tra patologia e uso improprio dei termini?
Siamo tutti più fragili, c’è una tendenza diffusa alla generalizzazione oppure in medio stat virtus come diceva Aristotele?
Proviamo a conoscere meglio queste due patologie così da evitare di cadere vittime dell’ansia “da ansia”!
La depressione, il male oscuro per eccellenza, è un disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi cognitivi (deficit dell’attenzione o della concentrazione), comportamentali (insonnia o disturbi alimentari), affettivi e/o somatici che sommati tra loro compromettono notevolmente la vita, causando disagi alla sua vita sociale oltre che alle sue capacità funzionali.
Per cui al contrario di quanto si pensa, non si può parlare di depressione quando vi è un semplice abbassamento dell’umore!
Ma è proprio qui il problema: se ho un calo dell’umore mi convinco di essere depressa e se ho la sfortuna di incontrare sul mio cammino medici poco scrupolosi, magari mi vengono prescritti anche dei farmaci antidepressivi che in realtà non fanno altro che innescare un circolo vizioso!
Allora, prima di tutto, è necessario verificare se:
- questo calo dell’umore si è verificato in concomitanza con qualche evento stressante (lutto, separazione, licenziamento ecc);
- è giornaliero o episodico;
- è affiancato da mancanza di energia o affaticabilità;
- produce sentimenti di auto svalutazione o sensi di colpa ingiustificati.
In questo caso, è bene rivolgersi ad uno psicologo o psicoterapeuta, che sarà in grado di indirizzarvi sulla strada giusta da seguire, risolvendo il problema “alla radice” piuttosto che andare da un medico che vi cura semplicemente il sintomo.
E l’ansia? Facciamo un piccolo preambolo…
Due ragazzi vengono bocciati ad un esame: uno reagisce con calo dell’umore e disperazione, mentre l’altro ci passa sopra “lo rifarò al prossimo appello”… com’è possibile reagire in modi così diversi ad uno stesso evento?
La risposta più ovvia è perché siamo diversi!
Ma esiste anche un fenomeno importante che gli psicologi chiamano COPING: cioè la capacità di fronteggiare attivamente e gestire le situazioni stressanti che ognuno di noi ha sviluppato di più o di meno.
L’ansia è una risposta che il nostro organismo può inviarci in una situazione di stress se la nostra attività di coping è carente.
L’ansia però non è totalmente negativa: in certe situazioni è una condizione utile per proteggerci dai rischi, dato che sotto il suo effetto tendiamo a mantenere uno stato di maggior allerta ed a migliorare le prestazioni.
Se ad esempio ci troviamo a camminare di notte in una strada deserta, è normalissimo essere in ansia, anzi in questo caso possiamo parlare di ansia BUONA.
Ma se all’improvviso, senza alcuna causa apparente, ci ritroviamo a vivere in uno stato ansioso, siamo pronti a reagire senza motivo; proviamo una serie di segnali fisici in assenza di qualcosa di allarmante… abbiamo a che fare con un’ansia CATTIVA.
Se siamo affetti da un’ansia cattiva non cadiamo nella tentazione della soluzione facile: gli psicofarmaci non sono caramelle!
Facciamo altro piuttosto: respirare profondamente facendo ri-ossigenare tutto il nostro corpo; ripercorrere mentalmente gli eventi degli ultimi giorni, così da inquadrare il momento in cui abbiamo avuto la prima manifestazione di ansia/depressione per collegarlo ad un elemento preciso e poi “staccare la spina” andando a fare una bella passeggiata in un parco o sulla spiaggia.
Ed infine non dimentichiamo l’attività fisica!
Dopo circa 50 minuti il nostro cervello inizia a produrre una sostanza endocannabinoide, che agendo direttamente sul nostro cervello riduce ansia, dolore, fatica e infonde un senso di leggerezza, di benessere e di armonia interiore.
Riassumendo: se c’è una diagnosi certa, corriamo ai ripari con l’aiuto di un professionista ma, al contrario, evitiamo di usare questi termini in modo improprio.
Non perdiamo tempo a rimuginare e voltiamo pagina, godiamoci ogni singolo raggio di sole, ogni cinguettio, ogni sorriso di un bambino!
Dobbiamo auto educarci a godere della vita e ad accettare gli ostacoli che questa ci pone sul percorso.
E se non riusciamo da soli, affidiamoci ad un bravo terapeuta che può sempre essere d’aiuto sulle strade più impervie del nostro cammino!
Ho scritto questo articolo con l’aiuto della collega Dott.ssa Stefania Di Martino
Per qualsiasi ulteriore domanda, non esitare a contattarmi scrivendomi a: psicologia@tentazionedonna.it
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