Eccoci ancora qui… per questo terzo e ultimo atto!
Ricapitolando la strada percorsa insieme, due settimane fa abbiamo parlato del percorso universitario del futuro psicologo cioè la laurea triennale, la laurea specialistica, il tirocinio e l’Esame di Stato.
La settimana scorsa vi ho parlato di tutti i percorsi paralleli da svolgere per arricchire il proprio curriculum e soprattutto ho chiarito alcuni luoghi comuni inerenti alla figura dello psicoterapeuta, dello psichiatra e dello psicoanalista.
Oggi invece v’illustro alcuni approcci tra cui uno psicologo può scegliere, al momento dell’iscrizione alla Scuola di Specializzazione…
Perchè è molto più facile a dirlo che a farlo e lo dimostro con un paragone che ho già usato: lo psicologo si trova davanti allo stesso dilemma di un medico che deve scegliere se diventare cardiologo, ortopedico, chirurgo, dentista ecc ecc con l’unica differenza che per lo psicologo l’oggetto di cura è sempre lo stesso, ma cambia invece la regola con cui si lavora sulla sua guarigione.
Inizio con un consiglio importantissimo: le Scuole di specializzazione, per rilasciare un diploma che autorizzi all’attività di psicoterapeuta, devono essere riconosciute dal Ministero dell’Istruzione Universitaria e della Ricerca (MIUR) ai sensi dell’art. 3 della legge 56/1989.
Non metto in dubbio che anche le Scuole non riconosciute perseguano lo scopo di impartire agli allievi una formazione professionale comunque idonea all’esercizio dell’attività psicoterapeutica ma con il diploma ottenuto, si può continuare a svolgere “consulenze” come dopo la laurea ma non la psicoterapia e in caso contrario si è perseguibile per legge!
Tornando alla scelta della Scuola gli approcci più diffusi sono i seguenti:
STRATEGICO: L’approccio strategico è anche definito “Breve” ed è, infatti, un modello per la soluzione in tempi brevi di disturbi mentali. Il termine “strategico” fa riferimento all’enfasi messa sui terapeuti che accettano la responsabilità del proprio ruolo nel processo di cambiamento facendo scelte deliberate su quali strategie e tattiche adottare nell’assistere i pazienti. L’Approccio è centrato sull’assunto di base che la realtà che percepiamo, e alla quale reagiamo con il nostro comportamento, è determinata dal nostro punto di osservazione, dai nostri strumenti e dal linguaggio che usiamo per comunicare questa realtà. Il “disturbo” pare essere quindi determinato dall’interazione tra individui, da come ognuno percepisce la realtà e dal punto di osservazione che può costringere ad averne una visione distorta e non funzionale, che conduce quindi a comportamenti “patologici”. L’obiettivo di una terapia strategica è quello di spostare il punto di osservazione del paziente da una rigida posizione, verso un’altra non rigida e funzionale acquisendo strategie per rompere il sistema che mantiene il disagio.
COGNITIVO COMPORTAMENTALE: per un terapeuta cognitivo comportamentale i disturbi mentali sono spiegati dall’analisi della relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti. Credenze, pensieri automatici, schemi mentali aiutano quindi a spiegare il disagio psicologico ed il suo perdurare nel tempo. I sintomi del paziente sono frutto di un cattivo “meccanismo” a livello cognitivo e per aiutarlo nella riacquisizione del benessere è necessario combattere il suo personale sistema di convinzioni errate, la modalità con cui interpreta gli eventi sulla base dei suoi contenuti e processi cognitivi ed i comportamenti disadattivi messi da lui in atto.
SISTEMICO RELAZIONALE: oggetto d’indagine sono le relazioni interpersonali come perno influente sullo stato di benessere o malessere psicologico. Gli ambienti di riferimento del paziente sono considerati “Sistemi” cioè un insieme di persone interagenti tra loro e unite da legami affettivi che funzionano in virtù della loro interdipendenza. La sintomatologia negativa è causata dal persistere di scambi comunicativi poco efficaci all’interno di questi sistemi. Schemi interattivi sbagliati, riprodotti nel tempo, possono generare sofferenza sia in chi li agisce che nel contesto relazionale in cui si manifestano e che a sua volta potrebbe rispondere con altrettanti comportamenti inefficaci e ripetitivi, dando vita ad un circolo vizioso che alimenta il disagio mentale. Alla risoluzione, o interruzione del circolo vizioso, si arriva attraverso la comprensione di queste dinamiche e dei loro significati nascosti.
PSICOANALITICO: è l’approccio di Freud, quello delle libere associazioni e del lettino (che impropriamente si collega a qualsiasi psicoterapeuta). La Psicoanalisi concepisce l’uomo come dotato di un’esistenza psichica inconsapevole caratterizzata da azioni pulsionali e riguardanti l’istinto e da desideri che premono sulla coscienza per essere soddisfatti. Pertanto tale modello si basa sull’ipotesi dell’esistenza di processi inconsci che influenzano il comportamento e la malattia mentale non è altro che un conflitto tra richieste psichiche contrarie. La prassi terapeutica prevede la risoluzione di tale conflitto attraverso l’indagine dell’inconscio del paziente. Alcuni altri modelli hanno poi tratto origine dalla psicoanalisi e l’hanno integrata con concetti e aspetti appartenenti a diverse altre teorie: il modello Psicodinamico, la Psicoterapia Junghiana, la Psicologia Analitica…
GESTALT: secondo questo approccio l’uomo non percepisce le cose come elementi distinti e sconnessi ma le organizza in insiemi significativi, mediante il processo percettivo. La Gestalt sottolinea che il tutto è differente dalla somma delle sue parti, perciò per comprendere un comportamento è importante, oltre che analizzarlo, averne una visione di sintesi, ovvero cercare di percepirlo nell’insieme del contesto globale. Il disturbo patologico nasce quando si usa in maniera disfunzionale e rigida le proprie funzioni di contatto con l’esterno. Lo scopo della terapia gestaltica è quindi quello di far scoprire al paziente la sua forma, il suo modello e la sua interezza al fine di arrivare all’integrazione di tutte le sue parti e far emergere tutte le potenzialità rimaste, fino a quel momento, sopite o represse.
ANALISI TRANSAZIONALE: pone la sua attenzione sulla “transazione” cioè sullo scambio che avviene tra due o più individui che comunicano. L’Analisi Transazionale è quindi una teoria che studia l’uomo all’interno dell’ambiente in cui vive, attraverso i comportamenti che manifesta. Secondo tale modello la struttura della personalità è composta da tre parti o stati dell’Io: il Genitore, il Bambino e l’Adulto. Ognuno di questi stati si esprime, agisce ed entra in relazione con gli altri con modalità diverse (le parole utilizzate, il tono della voce, le espressioni del volto): lo stato “Genitore” è costituito dall’insieme dei valori recepiti durante l’infanzia dai propri educatori, lo stato “Bambino” rappresenta la parte “spontanea”, quella che conserva memoria delle emozioni vissute durante l’infanzia, lo stato “Adulto” svolge il ruolo di mediatore fra gli altri due stati ed è la parte razionale. Il disturbo mentale è quindi inquadrato, per esempio, come l’insieme di “fantasie distorte” dell’Io Bambino o di “convinzioni errate” dell’Io Genitore che possono indurre a sperimentare sintomi patologici.
APPROCCIO INTEGRATO: elemento cardine è la scelta di selezionare tecniche e metodologie più efficaci di approcci diversi così da rielabolarle sino ad ottenere altri modi più funzionali di fare terapia allo scopo di aumentarne l’efficacia. Nasce dalla consapevolezza che tutto ciò che già esiste è superabile e migliorabile e quindi mira a creare le condizioni per fare in modo che modelli di terapia diversi si affianchino o si uniscano per creare un modello migliore, flessibile ed adattabile alle diverse caratteristiche del paziente poiché un unico modello di terapia non può dirsi definitivo e/o completo.
Queste sono i principali indirizzi tra cui scegliere per iscriversi poi ad una Scuola di Specializzazione.
Per problemi di spazio ho indicato solo questi ma non meno importanti sono tutti gli altri approcci disponibili “in commercio”: Analisi bioenergetica, Teoria Adleriana, Cognitivo Costruttivista, Gruppoanalisi, Terapia Ipnotica, Terapia Lacaniana, Psicodramma, Psicosomatica, PNL, Centrata sul cliente, Biosistemica…
Personalmente ero indecisa tra l’Approccio Integrato e quello Strategico ma alla fine ho preferito quest’ultimo perché è una scelta che un po’ “ti devi sentire addosso”, come un bel vestito, ed io, immaginandomi psicoterapeuta, mi sentivo molto più strategica! E così è stato.
Per chi volesse altre informazioni sul Modello Strategico, può visionare il sito di una Scuola di Psicoterapia su quest’ approccio: www.istitutopsicoterapie.it.
Per qualsiasi domanda, scrivetemi a: psicologia@tentazionedonna.it o commentate l’articolo!
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