Donne nella pubblicità, oggi, cosa vuol dire? È cambiata davvero l’immagine della donna negli ultimi anni? E se sì, in che modo?
Analizziamo la figura della donna nella pubblicità e cerchiamo di dare una risposta.
Le donne nella pubblicità: com’era una volta
Moglie, ovviamente. Madre, senza ombra di dubbio. Casalinga? Certo che sì. Nelle pubblicità dagli anni ’50 la donna era rappresentata come una perfetta padrona di casa, il cui unico scopo era quello di assecondare il marito: preparargli la cena, fargli trovare la casa pulita, calda e accogliente, crescere i figli.
Più che una moglie, una domestica.
Il ruolo sociale della donna era quello imposto dalla società patriarcale e la pubblicità non faceva che rispecchiare tale situazione, perché non era prevista alternativa.
È vero che la donna stava cominciando a emanciparsi, ma la transizione era piuttosto lenta e la pubblicità non era pronta a cogliere il cambiamento.
Le donne nella pubblicità: com’è oggi
Purtroppo il ruolo della donna, nel tempo, sembra aver fatto molta fatica ad evolversi. Nella maggior parte dei casi, infatti, ancora oggi la famiglia di riferimento, quella che costituisce “il” modello prevede sempre la donna nel ruolo di moglie, madre, e nonna, quando comincia ad invecchiare.
Da cosa si riconosce questo ruolo stereotipato? In qualsiasi situazione, la donna ha la fede al dito, simbolo universale di matrimonio.
Poi, in genere, ha anche dei figli, o è in attesa di averne. La donna emancipata, single, in carriera e senza prole non è prevista.
Donna al volante? Deve accompagnare i figli a scuola. Donna in cucina? Che domande, sta preparando da mangiare per la famiglia. La lavatrice? Meglio che l’uomo neanche si avvicini, è una questione prettamente femminile. Porta a passeggio il cane? Che sia bene in vista la mano con la fede, non sia mai che si pensi che sia una donna non sposata.
Ecco, questa è, in genere, la rappresentazione della donna nella pubblicità.
Qualcosa sta cambiando?
Oggi qualcosa è cambiato, almeno in alcuni casi, i più illuminati. La donna è vista ancora come fulcro della famiglia, ma l’importanza sempre maggiore che ha nella società, gli incarichi di alto livello che conquista, la parità che sta ottenendo in ogni settore lavorativo (anche se, purtroppo, non ancora dal punto di vista salariale), hanno spinto i pubblicitari a rivedere il suo ruolo e a cominciare a considerarla come singola persona, capace di esistere in quanto tale e non solo come moglie e madre.
Ecco quindi che la donna, anche nella finzione pubblicitaria, comincia a vivere da sola, non ha figli esce con le amiche, può essere divorziata, si diverte, non cucina ma ordina al take away, la casa non è il suo focolare, viaggia, sogna e, a volte, può essere anche gay.
Se poi è sposata, ha un ruolo paritario con il marito, che finalmente aiuta a sparecchiare, si occupa dei figli, cucina e, udite udite, sa fare la lavatrice.
Insomma, la donna, anche nella pubblicità, comincia ad essere una donna vera e non solo una macchietta, lo stereotipo di una realtà che non esiste più e che forse non è mai esistita, se non nel mondo patinato e finto della réclame.
Una cosa che invece non è ancora cambiata, è la donna come oggetto sessuale, in ancora molte, troppe pubblicità. Purtroppo la pubblicità è lo specchio dei tempi e i nostri non si stanno distinguendo per attenzione e rispetto della donna (e gli ultimi casi di abusi sessuali non ne sono che la conferma).
Una soluzione? Forse, negli studi pubblicitari dovrebbero cominciare ad essere assunte più donne…
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