La tossicità di certi tessuti, spesso, è argomento tabù, e quando si parla di tossicità, inevitabilmente, pensiamo alla manifattura proveniente dall’oriente, ma purtroppo non è solo acquistando brand che producono in Italia che ci mettiamo al riparo. Ma se ad indossare i capi sono i bambini, soprattutto se piccolissimi, allora va posto un occhio di riguardo, e bisogna preferire certi indumenti piuttosto di altri.
Già basti pensare ai tessuti sintetici, che vengono prodotti da derivati del petrolio, e a quanto siano poco traspiranti, favorendo così il ristagno di secrezioni e l’insorgenza di infezioni, poiché trattengono umidità e calore creando condizioni favorevoli allo sviluppo di microrganismi dannosi, oltre che hanno un impatto ambientale davvero notevole.
Nella lavorazione dei tessuti sono previsti molti passaggi, con un uso intensivo di prodotti chimici, e quindi dannosi per l’uomo e l’ambiente:
Carbonizzo: lavaggio in acido solforico
Imbonizzatura: impregnazione del filato con prodotti ausiliari
Bozzime: generalmente sono chimici per aumentare la resistenza in fase di tessitura
Sbozzinatura: eliminazione del bozzime tramite il lavaggio con sostanze come enzimi, ossidanti ed acidi
Sbiancatura: prodotto chimico, sbiancante
Mercerizzo e alta stabilità: lucidatura e stabilizzazione con prodotti chimici
È facile intuire la quantità di residui che sarà presente nella confezione finale del tessuto che mettiamo a contatto con la nostra pelle: formaldeide, residui di metalli pesanti (argento di mercurio, cromo nichel, rame e cobalto) pesticidi e pentaclorofenolo.
Anche sul cotone non abbiamo certezze di innocuità, in quanto spesso le colorazioni chimiche vengono poi rilasciate sulla pelle, processo incoraggiato dalla sudorazione. Soprattutto per la biancheria intima, quindi, non scegliamo tessuti troppo fascianti e non traspiranti.
In generale, seppure il prezzo è allettante, cerchiamo di stare attenti a tutti quei capi a basso costo che però non offrono alcuna garanzia sui controlli in fase di produzione, e controlliamo sempre l’etichetta, affinché la presenza dei materiali sintetici non sia prevalente sulla lana o sul cotone.
Esistono poi i così detti “capi ecologici”, ovvero dei vestiti realizzati in fibre naturali, quali cotone (che sia però certificato organico, in quanto la coltivazione di quello tradizionale prevede pesticidi, erbicidi, fertilizzanti e semi OGM, e l’impiego di moltissima acqua a discapito dell’ambiente), fibra di bamboo, fibra di alghe o fibra di amido. Tali fibre possono dirsi vive a tutti gli effetti, mantengono una capacità di respirazione, adattamento e reattività ai fattori esterni. Hanno inoltre un elevato grado di traspirabilità che aumenta l’interscambio termico tra organismo e ambiente, garantendo così un’adeguata protezione sia dal caldo che dal freddo.
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