Gli spazi angusti, si sa, spesso tirano fuori il peggio di noi. La convivenza forzata rende il bon ton ostico. Quindi immaginando una carrozza del treno, troppe persone, lo stress del viaggio, il tempo che passa… la combinazione è subito esplosiva.
Per esempio, se mettessi in atto quello che sto pensando all’indirizzo dei quattro hipster che occupano i posti davanti al mio su questo treno della domenica… beh, diciamo che agirei ben al di fuori dei dettami del galateo. È anche vero che non é proprio necessario raccontarsi la bisboccia familiare della sera prima a quel volume, e con tutti quei dettagli. Francamente, di zio Peppino che strepita perché non approva la fidanzata del nipote a me poco interessa. Quindi imparate a parlare a bassa voce, ecchecavoli.
Con questa premessa un viaggiatore solitario sarà sicuramente meno molesto, giusto? Chiedetelo alla ragazza dall’aria esasperata che siede di fianco al tizio che ascolta musica in cuffia ad un volume tale da essere udibile persino a me, tre file indietro. Adesso, posso infischiarmene del rapido deterioramento delle sue capacità uditive, potrei dire alla ragazza che tutte quelle smorfie non sono nè chic nè utili (digli qualcosa piuttosto), ma questo passa in secondo piano alla mia accorata supplica: hai dei gusti musicali raccapriccianti, abbi pietà di noi!
Il tizio del posto dietro al mio ha deciso che vuole mettere via qualcosa nel ripiano portabagagli, ma la sezione che competerebbe a lui é piena: dove appoggiare quindi la sua megaborsa? In cima alla shopping bag con i miei acquisti. Sappiate che é ancora vivo nonostante tutto, ma non prendetelo ad esempio e lasciate stare le cose degli altri!
Dall’altro lato del corridoio giunge un olezzo violento: non riesco ad identificare il cibo responsabile e soprattutto non voglio nemmeno provare ad immaginarne il sapore, ma vorrei chiedere pietá – la nausea indotta mi rende verdognola e davvero è un colorito che mal di sposa con il mio rossetto: capisco l’esigenza di uno snack da viaggio, ma che sia inodore e meno rumoroso possibile!
Finalmente stiamo arrivando a destinazione, i viaggiatori sono invitati a prepararsi alla discesa. Sì io, che ho messo via il libro, richiuso il tavolino, preso la giacca… sì, io devo scendere. Visto che dal tuo posto di corridoio mi blocchi il passaggio, non guardarmi come un’aliena ma alzati senza farmelo chiedere tre volte!
Al contrario tu, che mi travolgi come un bisonte imbizzarrito per attaccarti per primo al pulsante di apertura della porta – a parte farti notare che il treno non è nemmeno entrato in stazione e quindi ora tutti alle tue spalle ci stiamo chiedendo se rimarrai con il dito incollato inutilmente al pulsante per tutti i minuti che ci separano dall’effettiva apertura della suddetta porta – almeno un cenno di scuse potresti farlo: pasta un movimento del capo, il dito lascialo pure lì dov’è.
Consigli utili per la sopravvivenza urbana: no, appena scesi dal treno non ci si ferma davanti ai gradini per salutarsi o per abbracciare il fidanzato. Le scene struggenti funzionano solo nei film. Nella vita vera siete in mezzo ai piedi e state per essere investiti da una folla di viaggiatori inferociti e vagamente claustrofobici che non vedono l’ora di scendere dal treno, se voi non bloccaste il passaggio! Qualche metro di cammino, e poi salutatevi tra baci, abbracci, coriandoli e champagne: basta che io sia già passata e stia raggiungendo l’uscita della stazione. Grazie.
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