E un articolo su questo argomento non poteva mancare in questi giorni, viste le molteplici polemiche nate sul web!
Mi riferisco ad un video di una famosa youtuber che introduce questo argomento sottolineando quanto possano essere influenti e condizionanti i messaggi che i numerosi video su make-up, smalti e shopping in generale inviano alle ragazze che seguono con tanta passione le Guru del settore.
Talmente condizionanti da spingere una mamma a scriverle una lettera disperata perchè la figlia 15enne aveva cominciato a voler comprare sempre più trucchi, un bisogno che non si placava neanche davanti alle ristrettezze economiche in cui versava la famiglia tanto da spingerla a rubare soldi destinati ad una visita medica, direttamente dalla borsa della mamma.
Ma parliamo di un capriccio da adolescente… o sotto sotto si cela un disagio psicologico?!
Vediamo insieme le caratteristiche dello shopping compulsivo e poi… vi invito a riflettere!
Cos’è lo shopping compulsivo?
Lo shopping compulsivo è stato inserito da poco tempo tra i disturbi da dipendenza.
Fanno parte cioè di quella serie di comportamenti sociali legati ad una dipendenza “senza sostanze” che costituiscono comunque una patologia psicologica come per esempio: dipendenza dalla televisione, dai videogiochi, da internet, da gioco d’azzardo, da lavoro….
La particolarità che accomuna queste patologie è la presenza di un forte e incontrollabile impulso ad agire: nel caso della dipendenza da internet è un impulso a collegarsi, per il gioco è un impulso a giocare e quindi per lo shopping è un impulso a comprare.
Chi ne è affetto sente questa spinta urgente all’acquisto per la speranza/certezza di esser soddisfatto e gratificato così da sentirsi meglio subito dopo, anche se tale comportamento è riconosciuto come eccessivo.
E’ però un cane che si morde la coda: l’acquisto non aiuta a trovare sollievo da ansia e stress come sperato ma produce solo sensi di colpa, umiliazione, vergogna, rimorso… anche se la speranza della gratificazione è sempre più forte e riattiva il circolo vizioso!
La voglia irrefrenabile di comprare accentua qualsiasi tipo di bisogno materiale e porta a comprare anche oggetti superflui e porta purtroppo ad un fallimento economico sia del soggetto dipendente, che di tutti quelli che, erroneamente, gli prestano dei soldi con l’illusione di aiutarlo.
La scelta del “cosa” comprare è diversa da uomo a donna: la donna preferisce gli accessori legati all’immagine (vestiti, trucchi, scarpe, gioielli); gli uomini invece ricercano più il prestigio e il potere con cellulari, computer e attrezzature sportive.
Cosa c’è alla base di questa dipendenza?
Le persone affette da questa patologia, sono persone che ricercano così una soluzione al senso di vuoto che hanno dentro ed è quindi un tentativo di regolare i propri affetti.
Spesso inoltre sono presenti anche tratti di ansia, depressione, difficoltà a controllare gli impulsi, ossessioni….
E’ quindi un tentativo per alleviare questi stati negativi (spesso inconsapevoli).
Il momentaneo benessere, potere e sollievo che si sente in seguito all’acquisto è ricercato per colmare così la mancanza di relazioni solide e appaganti, di sentimenti veri e di una solida autostima.
Come faccio a sapere se sono anch’io shopping-dipendente?
I criteri per riconoscere questa dipendenza sono:
– i soldi spesi vanno oltre le proprie possibilità economiche;
– gli acquisti compulsivi sono fatti più volte a settimana;
– gli acquisti non sono più per oggetti necessari ma spesso sono superflui, l’importante è solo comprare qualcosa;
– l’impossibilità di comprare scatena crisi di ansia e frustrazione;
– la necessità di comprare è una nuova abitudine.
Che fare?
Chiunque è affetto da questa dipendenza, avrà provato decine di soluzioni “fai-da-te” ma spesso purtroppo non hanno alcun effetto benefico.
La cosa essenziale è che si riconosca il problema, cioè che sinceramente lo si ammetta a sé stessi.
Il passo successivo è rivolgersi ad uno psicologo, non a dimostrazione “che si è matti” ma solo per cercare un aiuto competente così da ritrovare il benessere perduto!
Lo psicologo può infatti aiutare a mantenere sotto controllo gli impulsi a comprare e limitarli nel tempo fino alla loro scomparsa. In questo percorso si potrà così comprendere cosa c’è alla base di questo bisogno, quali significati personali sono implicati e qual è il malessere alla base a cui si cerca risposta attraverso lo shopping.
Tornando quindi alla lettera di quella mamma disperata, concludo che video, film o pubblicità possono anche incoraggiare all’acquisto… ma la patologia si presenta in personalità che sono già predisposte, da altri elementi personali, familiari e sociali, a caderne vittima.
Per qualsiasi ulteriore domanda, non esitare a contattarmi scrivendomi a: psicologia@tentazionedonna.it
Dott.ssa Cristina Colantuono
Julia dice
Carissima Cristina,
leggo in tremendo ritardo questo suo articolo, ma sento di lasciare traccia del mio passaggio e del mio consenso:
“Tornando quindi alla lettera di quella mamma disperata, concludo che video, film o pubblicità possono anche incoraggiare all’acquisto… ma la patologia si presenta in personalità che sono già predisposte, da altri elementi personali, familiari e sociali, a caderne vittima.” e che, insomma, se leggessero/visionassero altro materiale sarebbero comunque vittime di acquisto compulsivo di altri beni, perché non è il bene specifico il punto, ma l’impulso incontrollato all’acquisto teso a soddisfare bisogni ben più profondi.
Ho trovato quel video, e molti di quelli che lo hanno seguito, aggressivamente superficiali e tesi maggiormente a giustificare un’irrefrenabile bisogno di moralizzare persone più benestanti (almeno apparentemente!) e soddisfatte, piuttosto che alla tutela reale di qualcuno. Nel caso specifico della lettera, ammesso che il tutto sia accadimento reale, sarebbe maggiormente efficace una considerazione ed interrogazione sui metodi educativi e sull’ambiente familiare, piuttosto che sui video di ragazze che mostrano prodotti cosmetici.
Una delle più vuote e superficiali polemiche che ricordo, dacché frequento l’ambiente beauty sul web.
Grazie per aver toccato l’argomento!
Julia
Dr. Cristina Colantuono dice
Hai ragione Julia.
Al giorno d’oggi poi su youtube ci sono video e tutorial su qualsiasi cosa… non è possibile dare solo a questi la responsabilità di alcune patologie psicologiche.
Purtroppo spesso c’è ancora la tendenza alla diffusione di responsabilità per non vedere la “pagliuzza nel proprio occhio” !