Il linguaggio è lo strumento più importante per l’uomo poichè è un “ponte”, un collegamento essenziale che permette la comunicazione con gli altri e quindi lo scambio di milioni di informazioni.
Nei bambini, si assiste ai primi tentativi di utilizzarlo verso 1 anno d’età, poi sopraggiungono le frasi “monotermine” cioè una parola sola che funge da intera frase. A 2 anni il vocabolario di un bambino può sfiorare le 200 parole ed intorno ai 3 anni la padronanza di quasi 1000 vocaboli dimostra quanto preferiscano utilizzare il linguaggio come mezzo esclusivo per farsi capire.
Questo può essere l’iter che statisticamente si presenta più spesso anche se possono cambiare i modi ed i tempi.
A volte però i genitori possono rendersi conto che i figli presentano un ritardo in questa “tabella di marcia”…
Anche nei bambini infatti le situazioni di apprendimento possono essere condizionate da stress ambientali, gelosie tra fratelli, la stimolazione familiare o semplicemente dal temperamento del minore stesso.
Ed il consiglio è sempre quello di aspettare i 3 anni poiché la situazione può assestarsi e si ha un quadro più ampio, soprattutto se il bambino mostra comunque una comprensione di quello che gli si dice. Dopo tale periodo è più semplice capire se ci si trova davanti ad un semplice ritardo o ad uno specifico disturbo del linguaggio.
Il primo è transitorio e si risolve spesso positivamente, soprattutto se la situazione è affrontata adeguatamente. Nel secondo caso invece si è di fronte ad una gravità diversa e quindi anche l’approccio deve essere proporzionato.
Quali segnali ci devono allarmare?
Oltre alle difficoltà legate al linguaggio stesso ed a tutte le attività collegate alla comunicazione, è necessario fare attenzione ad altri campanelli d’allarme.
Osserviamo se è presente un ritardo anche in altre funzioni come per esempio il tenere la testa in posizione elevata, la capacità di star seduto e camminare.
Oppure analizziamo bene le reazioni del bambino legate anche ad altri stimoli come per esempio i rumori ed i suoni.
Infine facciamo attenzione alle modalità con cui il bambino interagisce con l’ambiente, se ha una scarsa o assente attenzione ad esso e infine se si mostra troppo tranquillo.
Una diagnosi ed una cura precoce sono quindi importantissimi: se vi rendete conto che il bambino è poco loquace, stimolatelo ad usare la voce e non i gesti e cercate di comprendere se capisce le parole che ascolta.
Sforzatevi di non trasmettergli mai ansia o preoccupazione ma al contrario solo comprensione ed affetto!
Cosa sono i disturbi del linguaggio?
Le difficoltà d’espressione, di fonazione, di articolazione e di comprensione del linguaggio sono state raggruppate e descritte attraverso la classificazione dei disturbi del linguaggio.
I disturbi di linguaggio spesso si presentano in età pre-scolare e possono essere l’unico disturbo di cui soffre il bambino (disturbi specifici del linguaggio) o possono associarsi ad altri disturbi “parenti” come i disturbi dell’apprendimento, l’iperattività o i deficit di attenzione (disturbi di linguaggio secondari). Spesso sono disturbi legati tra loro e nel 30-40% dei casi, i bambini che hanno un disturbo dell’apprendimento, hanno sofferto in precedenza anche di un disturbo del linguaggio e viceversa.
Sono i disturbi più diffusi tra i bambini nella fascia d’età 2-6 anni, la stima si aggira intorno al 3-15% e dalle ricerche in merito emerge che nei maschi sono più frequenti.
I disturbi specifici del linguaggio (DSL)
Compaiono solitamente dai 2 anni a tutta l’età scolare. La difficoltà di accorgersi e diagnosticare un disturbo del genere risiede nella possibilità di scambiarlo per pigrizia o svogliatezza.
Una volta identificato il problema, è necessario osservare inoltre se sono presenti altri disturbi ed altri sintomi così da predisporre un intervento mirato e completo.
I DSL sono classificati in 3 tipologie: i disturbi dell’articolazione della parola, cioè la difficoltà ad emettere i suoni (la balbuzie per esempio), si risolvono spesso con un trattamento di logopedia.
Con i disturbi espressivi, il bambino utilizza un vocabolario ristretto e quindi frasi semplici, pur comprendendone il significato. In questo caso è utile richiedere un supporto psicopedagogico con l’obiettivo di aiutare il bambino a organizzare e potenziare le capacità espressive.
Il disturbo di comprensione del linguaggio si manifesta con le difficoltà di apprendimento (la dislessia per esempio) e di riconoscimento di lettere e parole, della scrittura o dell’esecuzione di calcoli. Per risolvere il disturbo si può intervenire con la riabilitazione, trattamenti logopedici e terapie neuropsicologiche.
Cosa fare?
Oltre a rivolgervi al pediatra, ad un logopedista o ad uno psicologo esperto in queste tematiche, ecco qualche altro consiglio per voi:
- rivolgetevi al bambino parlando lentamente, articolate bene il linguaggio e scegliete parole e frasi semplici;
- parlate con il bambino mantenendo anche il contatto visivo;
- comunicate con lui il più possibile, associando il linguaggio ad attività quotidiane come i pasti, il lavarsi o il vestirsi;
- incoraggiate il bambino, garantitegli serenità e fiducia per far accrescere in lui il desiderio di comunicare;
- stimolatelo il più possibile, creategli attorno un ambiente stimolante così che possa fare esperienze ricche di sensazioni e quindi abbia poi il desiderio di commentarlo e descriverlo.
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