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Lo stress è considerato come un senso di tensione, preoccupazione e ansia ma in realtà pochi sanno che è un meccanismo utile per l’adattamento di ciascun individuo poichè è la naturale reazione ad una situazione nuova.
Si parla di distress quando l’evento è negativo o pericoloso per l’equilibrio psicofisico; se invece lo stress (eustress per l’esattezza) è moderato e prevedibile incentiva un sano e funzionale sviluppo fisico e psicologico come preparazione alla gestione delle inevitabili frustrazioni della vita.
Ma è il primo a dover destare maggiore preoccupazione nella crescita infantile.
I bambini sono sensibili allo stress già da pochi mesi dopo il concepimento: madri sottoposte a stress durante la gravidanza possono causare al nascituro un maggior rischio di andare incontro a iperattività, problemi motori, deficit dell’attenzione, turbe del sonno, problemi digestivi ed irritabilità.
Ma anche dopo la gravidanza i rischi sono presenti: i bambini che vivono in famiglie con un alto grado di stress non gli sono immuni, anche se non direttamente coinvolti, e possono incorrere in conseguenze sia fisiche che psicologiche.
Questo perchè anche i bambini più piccoli sono in grado di sentire e subire lo stress fisico ed emotivo come gli adulti ma i meccanismi di difesa si sviluppano solo con l’età e l’esperienza, con il risultato che i bambini risultano più fragili e indifesi.
I bambini non hanno strutture cerebrali adeguate per adattarsi, possono, quindi, manifestare dei sintomi ed utilizzano il corpo per lanciare messaggi d’allarme.
Quali sono i sintomi?
I minori da 0 a 5-6 anni hanno infatti difficoltà a regolare le proprie emozioni e i propri comportamenti e li trasformano in comportamenti “sintomatici” oppositivi, aggressivi, di ritiro sociale, bassa tolleranza alla frustrazione e pianto frequente oppure in direzione opposta con iperattività, difficoltà di concentrazione e attenzione, anche in assenza di una specifica patologia.
Andando avanti con l’età, i motivi di stress possono essere molteplici: sia relativi all’ambiente scolastico, quindi per esempio problemi con la maestra, difficoltà a relazionarsi con gli altri compagni, l’essere vittima di bullismo o mancanza di rispetto, la difficoltà ad abituarsi all’attenzione in classe ed all’impegno dei compiti a casa ed alle prestazioni in generale.
Altre problematiche possono essere inerenti alla famiglia: la separazione ed il divorzio dei genitori, per esempio, è uno dei fattori stressanti più frequenti in questi ultimi anni ma possiamo includere anche i cattivi rapporti con fratelli o sorelle, il lutto di un nonno o le difficoltà economiche che si possono traducono in un clima familiare problematico.
Infine anche gli eventi traumatici di grosso impatto (per esempio inondazioni, terremoti, guerre, incidenti aerei, stupri, torture ecc.) creano conseguenze ai più piccoli.
I disturbi dello stress nel bambino e nell’adolescente non sono poi solo legati alla situazione stressante a cui sono sottoposti ma il secondo fattore predisponente alla gravità degli stessi è legato ad una componente molto personale: l’animo umano è vario e gli stessi eventi possono essere vissuti da bambini diversi in modi diversi secondo il carattere, la predisposizione e la tendenza a vivere in modo personale le emozioni.
E le conseguenze?
Le conseguenze dello stress sono varie e differenti e per capire se un bambino o un adolescente sta vivendo un periodo di stress è necessario osservare tutti i sistemi di risposta coinvolti: fisiologico, cognitivo-verbale, meta-verbale e comportamentale-motorio.
In età pediatrica certamente sono da valutare con attenzione i disturbi di natura digestiva, i disturbi del sonno, i disturbi alimentari, le allergie, le dermatiti, i disturbi comportamentali, eczema del neonato, alopecia e asma.
Per quanto riguarda i bambini più grandicelli il primo possibile campanello di allarme è l’iperattività, seguita dall’aggressività e dal disagio psicologico.
Crescendo, poi, il disturbo più frequente riscontrato negli adolescenti con sintomi di stress diventa la dipendenza da alcol o droghe, la depressione e l’aggressività.
A questa età l’angoscia si esprime anche attraverso crisi di collera, atteggiamenti di continua richiesta, alterazioni comportamentali e la sintomatologia in generale è più grave, con un maggior numero di sintomi, una maggiore compromissione del funzionamento sociale e personale ed una maggiore e più evidente sofferenza soggettiva.
A livello fisico, a farne le spese sono soprattutto stomaco e intestino con disturbi gastrointestinali ma anche cefalee, emicranie e disturbi cardiaci.
Possono esserci però disturbi più subdoli: spesso è difficoltoso prevenire le conseguenze di piccoli stressor quotidiani ripetuti e può portare all’insorgenza di un disturbo psicosomatico connesso.
A livello psicologico i minori (anche sotto i tre anni) possono soffrire di depressione, disturbi alimentari e del sonno, di Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD), Disturbo dell’Adattamento, Disturbo acuto da stress, Attacchi di panico, Disturbi Dissociativi, deficit della memoria, Deficit dell’Attenzione/iperattività.
Quindi che fare?!
L’obiettivo è attuare una giusta prevenzione, il riconoscimento precoce, una corretta presa in carico e un’azione efficace a livello terapeutico.
Un ambiente ottimale allo sviluppo deve essere adeguatamente stimolante e relativamente prevedibile a casa, a scuola e nei vari contesti frequentati e deve promuovere un sano ed equilibrato sviluppo cerebrale.
In caso di chiara evidenza, per prima cosa è opportuno inquadrare precisamente la situazione che causa stress e l’esposizione del minore così da interromperla e rivolgersi alle forze dell’ordine in caso di possibili abusi all’infanzia.
Spesso è consigliabile rivolgersi ad uno psicologo o un neuropsichiatra infantile per gestire e accompagnare un processo adattativo: un intervento psicologico tempestivo impedisce che il disturbo interferisca con lo sviluppo cognitivo, relazionale e affettivo del soggetto.
I genitori possono non essere sempre in grado di prevenire o fronteggiare questi sintomi e l’intervento psicologico può essere rivolto anche a loro con lo scopo di fornire informazioni ed indicazioni per una migliore comprensione dei sentimenti del bambino e dell’importanza di adottare comportamenti che lo rassicurino. Spesso infatti il disagio del bambino non è causato tanto dal problema in sé, quanto dal modo in cui si cerca di risolverlo.
Infine un evento conflittuale vissuto in solitudine è certamente più invasivo: i genitori sono i primi a cui i bambini rivolgono la richiesta di aiuto, anche se non verbalizzata, ma anche il sostegno sociale è importante e può essere positivo promuovere e valorizzare tutti i luoghi e i momenti di socializzazione dei figli come la scuola, lo sport, l’oratorio, le associazioni.
Per qualsiasi ulteriore domanda, non esitare a contattarmi scrivendomi a: psicologia@tentazionedonna.it
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